DECRETO LEGISLATIVO 8 giugno 2001, n. 231

Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.


(Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19-06-2001)

Testo aggiornato con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visti gli articoli 11 e 14 della legge 29 settembre 2000, n. 300, che delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e delle societa', associazioni od enti privi di personalita' giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale secondo i principi e criteri direttivi contenuti nell'articolo 11;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 aprile 2001;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, a norma dell'articolo 14, comma 1, della citata legge 29 settembre 2000, n. 300;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 maggio 2001;
Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero, con il Ministro per le politiche comunitarie e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Capo I
RESPONSABILITA' AMMINISTRATIVA DELL'ENTE

SEZIONE I
Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità amministrativa

Art. 1.
Soggetti


1. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilita degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.

2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalita giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.

3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Avvertenza:

Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo, fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note alla premesse:
- Si riporta il testo dell'art. 76 della Costituzione:
"Art. 76. - L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti".
- L'art. 87 della Costituzione conferisce al Presidente della Repubblica, tra l'altro, il potere di promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
- Si riporta il testo dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri):
"Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'art. 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di decreto legislativo e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione.
2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.
4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e' tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere e' espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni.".
- Si riporta il testo degli articoli 11 e 14 della legge 29 settembre 2000, n. 300 (Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunita' europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunita' europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996, nonche' della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunita' europee o degli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalita' giuridica):
"Art. 11 (Delega al Governo per la disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalita' giuridica) . -1. Il Governo della Repubblica e' delegato ad emanare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e delle societa' associazioni od enti privi di personalità giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter, secondo comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto e commesso con abuso della qualita' di operatore del sistema, del codice penale;
b) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati relativi alla tutela dell'incolumita' pubblica previsti dal titolo sesto del libro secondo del codice penale;
c) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative alla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro;
d) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati in materia di tutela dell'ambiente e del territorio, che siano punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979, dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
e) prevedere che i soggetti di cui all'alinea del presente comma sono responsabili in relazione ai reati commessi, a loro vantaggio o nel loro interesse, da chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero da chi esercita, anche di fatto, poteri di gestione e di controllo ovvero ancora da chi e' sottoposto alla direzione o alla vigilanza delle persone fisiche menzionate, quando la commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni; prevedere l'esclusione della responsabilita' dei soggetti di cui all'alinea del presente comma nei casi in cui l'autore abbia commesso il reato nell'esclusivo interesse proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti dei soggetti indicati nell'alinea del presente comma;
g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a lire cinquanta milioni e non superiore a lire tre miliardi stabilendo che, ai fini della determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto anche dell'ammontare dei proventi del reato e delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente, prevedendo altresi' che, nei casi di particolare tenuita' del fatto, la sanzione da applicare non sia inferiore a lire venti milioni e non sia superiore a lire duecento milioni;
prevedere inoltre l'esclusione del pagamento in misura ridotta;
h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento della sanzione pecuniaria entro i limiti del fondo comune o del patrimonio sociale;
i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma per equivalente;
l) prevedere, nei casi di particolare gravita', l'applicazione di una o piu' delle seguenti sanzioni in aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o della sede commerciale;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
3) interdizione anche temporanea dall'esercizio dell'attivita' ed eventuale nomina di altro soggetto per l'esercizio vicario della medesima quando la prosecuzione dell'attivita' e' necessaria per evitare pregiudizi ai terzi;
4) divieto anche temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione;
5) esclusione temporanea da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, ed eventuale revoca di quelli gia' concessi;
6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e servizi;
7) pubblicazione della sentenza;
m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i ) e l) si applicano soltanto nei casi e per i tempi espressamente considerati e in relazione ai reati di cui alle lettere a ), b), c) e d) commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo previsto dal presente articolo;
n) prevedere che la sanzione amministrativa pecuniaria di cui alla lettera g) e' diminuita da un terzo alla meta' ed escludere l'applicabilita' di una o piu' delle sanzioni di cui alla lettera l) in conseguenza dell'adozione da parte dei soggetti di cui all'alinea del presente comma di comportamenti idonei ad assicurare un'efficace riparazione o reintegrazione rispetto all'offesa realizzata;
o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l)
sono applicabili anche in sede cautelare, con adeguata tipizzazione dei requisiti richiesti;
p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e dei divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l), la pena della reclusione da sei mesi a tre anni nei confronti della persona fisica responsabile della violazione, e prevedere inoltre l'applicazione delle sanzioni di cui alle lettere g) e i) e, nei casi piu' gravi, l'applicazione di una o piu' delle sanzioni di cui alla lettera l) diverse da quelle gia' irrogate, nei confronti dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale e' stata commessa la violazione; prevedere altresi' che le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano anche nell'ipotesi in cui le sanzioni di cui alla lettera l) sono state applicate in sede cautelare ai sensi della lettera o);
q) prevedere che le sanzioni amministrative a carico degli enti sono applicate dal giudice competente a conoscere del reato e che per il procedimento di accertamento della responsabilita' si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale, assicurando l'effettiva partecipazione e difesa degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale;
r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i ) e l) si prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati indicati nelle lettere a ), b) c ) e d) e che l'interruzione della prescrizione e' regolata dalle norme del codice civile;
s) prevedere l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di un'anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative irrogate nei confronti dei soggetti di cui all'alinea del presente comma;
t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati consenzienti ovvero abbiano svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, che sia assicurato il diritto dell'azionista, del socio o dell'associato ai soggetti di cui all'alinea del presente comma, nei confronti dei quali sia accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), di recedere dalla societa' o dall'associazione o dall'ente, con particolari modalita' di liquidazione della quota posseduta, ferma restando l'azione di risarcimento di cui alle lettere v) e z); disciplinare i termini e le forme con cui tale diritto puo' essere esercitato e prevedere che la liquidazione della quota sia fatta in base al suo valore al momento del recesso determinato a norma degli articoli 2289, secondo comma, e 2437 del codice civile; prevedere altresi' che la liquidazione della quota possa aver luogo anche con onere a carico dei predetti soggetti, e prevedere che in tal caso il recedente, ove non ricorra l'ipotesi prevista dalla lettera l), numero 3), debba richiedere al presidente del tribunale del luogo in cui i soggetti hanno la sede legale la nomina di un curatore speciale cui devono essere delegati tutti i poteri gestionali comunque inerenti alle attivita' necessarie per la liquidazione della quota, compresa la capacita' di stare in giudizio; agli oneri per la finanza pubblica derivanti dall'attuazione della presente lettera si provvede mediante gli ordinari stanziamenti di bilancio per liti ed arbitraggi previsti nello stato di previsione del Ministero della giustizia;
u) prevedere che l'azione sociale di responsabilita' nei confronti degli amministratori delle persone giuridiche e delle societa', di cui sia stata accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q ), sia deliberata dall'assemblea con voto favorevole di almeno un ventesimo del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a lire cinquecento milioni e di almeno di un quarantesimo negli altri casi; disciplinare coerentemente le ipotesi di rinuncia o di transazione dell'azione sociale di responsabilita';
v) prevedere che il riconoscimento del danno a seguito dell'azione di risarcimento spettante al singolo socio o al terzo nei confronti degli amministratori dei soggetti di cui all'alinea del presente comma, di cui sia stata accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), non sia vincolato dalla dimostrazione della sussistenza di nesso di causalita' diretto tra il fatto che ha determinato l'accertamento della responsabilita' del soggetto ed il danno subito; prevedere che la disposizione non operi nel caso in cui il reato e' stato commesso da chi e' sottoposto alla direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero esercita, anche di fatto, poteri di gestione e di controllo, quando la commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni;
z) prevedere che le disposizioni di cui alla lettera v) si applicano anche nell'ipotesi in cui l'azione di risarcimento del danno e' proposta contro l'azionista, il socio o l'associato ai soggetti di cui all'alinea del presente comma che sia stato consenziente o abbia svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, anteriormente alla commissione del fatto che ha determinato l'accertamento della responsabilita' dell'ente.
2. Ai fini del comma 1, per "persone giuridiche" si intendono gli enti forniti di personalita' giuridica, eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che esercitano pubblici poteri.
3. Il Governo e' altresi' delegato ad emanare, con il decreto legislativo di cui al comma 1, le norme di coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato, nonche' le norme di carattere transitorio.".
"Art. 14 (Esercizio delle deleghe). - 1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli 11 e 12 sono trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica almeno novanta giorni prima della scadenza prevista per l'esercizio delle deleghe. Le Commissioni parlamentari competenti per materia esprimono il loro parere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione degli schemi medesimi. Decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere adottati anche in mancanza del parere.".


Art. 2.
Principio di legalità


1. L'ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato se la sua responsabilita' amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono espressamente previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto.

Art. 3.
Successione di leggi


1. L'ente non puo' essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce piu' reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità amministrativa dell'ente, e, se vi e' stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti giuridici.

2. Se la legge del tempo in cui è stato commesso l'illecito e le successive sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono piu' favorevoli, salvo che sia intervenuta pronuncia irrevocabile.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano se si tratta di leggi eccezionali o temporanee.

Art. 4.
Reati commessi all'estero


1. Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all'estero, purche' nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui e' stato commesso il fatto.

2. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si procede contro l'ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest'ultimo.

Nota all'art. 4:
- Si riporta il testo degli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale:
"Art. 7 (Reati commessi all'estero). - E' punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:
1) delitti contro la personalita' dello Stato;
2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto;
3) delitti di falsita' in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;
4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni; 5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilita' della legge penale italiana.".
"Art. 8 (Delitto politico commesso all'estero). - Il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell'articolo precedente, e' punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia.
Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela.
Agli effetti della legge penale, e' delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E' altresi' considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.".
"Art. 9 (Delitto comune del cittadino all'estero). - Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, e' punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato.
Se si tratta di delitto per il quale e' stabilita una pena restrittiva della liberta' personale di minore durata, il colpevole e' punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno delle Comunita' europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole e' punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto.".
"Art. 10 (Delitto comune dello straniero all'estero). -
Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, e' punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa.
Se il delitto e' commesso a danno delle Comunita' europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole e' punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:
1) si trovi nel territorio dello Stato;
2) si tratti di delitto per il quale e' stabilita la pena dell'ergastolo, ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni;
3) l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene."


Art. 5.
Responsabilità dell'ente


1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unita' organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

Art. 6.
Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente


1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che:

a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

2. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:

a) individuare le attivita' nel cui ambito possono essere commessi reati;

b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;

c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;

d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;

e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, puo' formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.

4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.

5. E' comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.

Art. 7.
Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli di organizzazione dell'ente


1. Nel caso previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), l'ente è responsabile se la commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

2. In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attivita' svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attivita' nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. 4. L'efficace attuazione del modello richiede:

a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività;

b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Art. 8.
Autonomia delle responsabilità dell'ente


1. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando:

a) l'autore del reato non e' stato identificato o non è imputabile;

b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia.

2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando e' concessa amnistia per un reato in relazione al quale e' prevista la sua responsabilita' e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione.

3. L'ente può rinunciare all'amnistia.

SEZIONE II
Sanzioni in generale

Art. 9.
Sanzioni amministrative


1. Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:

a) la sanzione pecuniaria;
b) le sanzioni interdittive;
c) la confisca;
d) la pubblicazione della sentenza.

2. Le sanzioni interdittive sono:
a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Art. 10.
Sanzione amministrativa pecuniaria


1. Per l'illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria.

2. La sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille.

3. L'importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.

4. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.

Art. 11.
Criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria


1. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilita' dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.

2. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

3. Nei casi previsti dall'articolo 12, comma 1, l'importo della quota è sempre di lire duecentomila.

Art. 12.
Casi di riduzione della sanzione pecuniaria


1. La sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a lire duecento milioni se:

a) l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;

b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità;

2. La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedente comma, la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi.

4. In ogni caso, la sanzione pecuniaria non può essere inferiore a lire venti milioni.

Art. 13.
Sanzioni interdittive


1. Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;

b) in caso di reiterazione degli illeciti.

2. Le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni.

3. Le sanzioni interdittive non si applicano nei casi previsti dall'articolo 12, comma 1.

Art. 14.
Criteri di scelta delle sanzioni interdittive


1. Le sanzioni interdittive hanno ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l'illecito dell'ente. Il giudice ne determina il tipo e la durata sulla base dei criteri indicati nell'articolo 11, tenendo conto dell'idoneita' delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso.

2. Il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione può anche essere limitato a determinati tipi di contratto o a determinate amministrazioni. L'interdizione dall'esercizio di un'attività comporta la sospensione ovvero la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali allo svolgimento dell'attività.

3. Se necessario, le sanzioni interdittive possono essere applicate congiuntamente.

4. L'interdizione dall'esercizio dell'attività si applica soltanto quando l'irrogazione di altre sanzioni interdittive risulta inadeguata.

Art. 15.
Commissario giudiziale


1. Se sussistono i presupposti per l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l'interruzione dell'attività dell'ente, il giudice, in luogo dell'applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell'attività dell'ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

a) l'ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività;

b) l'interruzione dell'attività dell'ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull'occupazione.

2. Con la sentenza che dispone la prosecuzione dell'attività, il giudice indica i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica attivita' in cui e' stato posto in essere l'illecito da parte dell'ente.

3. Nell'ambito dei compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice.

4. Il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attività viene confiscato.

5. La prosecuzione dell'attività da parte del commissario non può essere disposta quando l'interruzione dell'attivita' consegue all'applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva.

Art. 16.
Sanzioni interdittive applicate in via definitiva


1. Può essere disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività se l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed è già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività.

2. Il giudice può applicare all'ente, in via definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione ovvero del divieto di pubblicizzare beni o servizi quando è già stato condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli ultimi sette anni.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali è prevista la sua responsabilità è sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività e non si applicano le disposizioni previste dall'articolo 17.

Art. 17.
Riparazione delle conseguenze del reato


1. Ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

Art. 18.
Pubblicazione della sentenza di condanna


1. La pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell'ente viene applicata una sanzione interdittiva.

2. La pubblicazione della sentenza avviene ai sensi dell'articolo 36 del codice penale nonché mediante affissione nel comune ove l'ente ha la sede principale. (1)

3. La pubblicazione della sentenza è eseguita, a cura della cancelleria del giudice, a spese dell'ente.

(1) Il comma: "2. La sentenza è pubblicata una sola volta, per estratto o per intero, in uno o più giornali indicati dal giudice nella sentenza nonché mediante affissione nel comune ove l'ente ha la sede principale." è stato così sostituito dalL. 23 dicembre 2009, n. 191, a decorrere dal 1° gennaio 2010.


Art. 19.
Confisca


1. Nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.

2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.

Art. 20.
Reiterazione


1. Si ha reiterazione quando l'ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva.

Art. 21.
Pluralità di illeciti


1. Quando l'ente è responsabile in relazione ad una pluralità di reati commessi con una unica azione od omissione ovvero commessi nello svolgimento di una medesima attività e prima che per uno di essi sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva, si applica la sanzione pecuniaria prevista per l'illecito più grave aumentata fino al triplo. Per effetto di detto aumento, l'ammontare della sanzione pecuniaria non può comunque essere superiore alla somma delle sanzioni applicabili per ciascun illecito.

2. Nei casi previsti dal comma 1, quando in relazione a uno o più degli illeciti ricorrono le condizioni per l'applicazione delle sanzioni interdittive, si applica quella prevista per l'illecito più grave.

Art. 22.
Prescrizione


1. Le sanzioni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato.

2. Interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo 59.

3. Per effetto della interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione.

4. Se l'interruzione è avvenuta mediante la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.

Art. 23.
Inosservanza delle sanzioni interdittive


1. Chiunque, nello svolgimento dell'attività dell'ente a cui è stata applicata una sanzione o una misura cautelare interdittiva trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tali sanzioni o misure, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. Nel caso di cui al comma 1, nei confronti dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale il reato è stato commesso, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecento e seicento quote e la confisca del profitto, a norma dell'articolo 19.

3. Se dal reato di cui al comma 1, l'ente ha tratto un profitto rilevante, si applicano le sanzioni interdittive, anche diverse da quelle in precedenza irrogate.

SEZIONE III
Responsabilità amministrativa da reato (1)


(1) La rubrica: "Responsabilità amministrativa per reati previsti dal codice penale" è stata così variata D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61.


Art. 24.
Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico


1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 640, comma 2, n. 1, 640-bis e 640-ter se commesso in danno dello Stato o di altro ente pubblico, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.

2. Se, in seguito alla commissione dei delitti di cui al comma 1, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità o è derivato un danno di particolare gravità; si applica la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.

3. Nei casi previsti dai commi precedenti, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e).

Nota all'art. 24:
- Si riporta il testo degli articoli 316-bis, 316-ter, 640, 640-bis e 640-ter, del codice penale:
"Art. 316-bis (Malversazione a danno dello Stato). -
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunita' europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attivita' di pubblico interesse, non li destina alle predette finalita', e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.".
"Art. 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato). - Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunita' europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a lire sette milioni settecentoquarantacinque mila si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da dieci a cinquanta milioni di lire. Tale sanzione non puo' comunque superare il triplo del beneficio conseguito.".
"Art. 640 (Truffa). - Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a se' a ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorita'.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa (120; 336 c.p.p.), salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante.".
"Art. 640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche). - La pena e' della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'art. 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.". "Art. 640-ter (Frode informatica). - Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalita' su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a lire due milioni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'art. 640, ovvero se il fatto e' commesso con abuso della qualita' di operatore del sistema.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma o un'altra circostanza aggravante."


Art. 24 bis.
Delitti informatici e trattamento illecito di dati (1) b


1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 615-ter, 617-quater, 617-quinquies, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a cinquecento quote.

2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 615-quater e 615-quinquies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria sino a trecento quote.

3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 491-bis e 640-quinquies del codice penale, salvo quanto previsto dall’articolo 24 del presente decreto per i casi di frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico, si applica all’ente la sanzione pecuniaria sino a quattrocento quote.

4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1 si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, lettere a), b) ed e). Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 2 si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, lettere b) ed e). Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 3 si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e)

(1) Articolo inserito dal Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92.


24-ter.
Delitti di criminalità organizzata


1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui all'articolo 416 del codice penale, ad esclusione del sesto comma, ovvero di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), del codice di procedura penale, si applica la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

3. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

4. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nei commi 1 e 2, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3. (1)

(1) Articolo aggiunto dalla L. 15 luglio 2009, n. 94.


Art. 25.
Concussione e corruzione


1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321 e 322, commi 1 e 3, del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote.

2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322, commi 2 e 4, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.

3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, aggravato ai sensi dell'articolo 319-bis quando dal fatto l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 2, e 321 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

4. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.

5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

Nota all'art. 25:
- Si riporta il testo degli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322 e 322-bis del codice penale:
"Art. 317 (Concussione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualita' o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o a un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni (317-bis, 323-bis).".
"Art. 318 (Corruzione per un atto d'ufficio). - Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilita', una retribuzione che non gli e' dovuta, o ne accetta la promessa, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui gia' compiuto, la pena e' della reclusione fino a un anno.".
"Art. 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio). - Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per se' o per un terzo, denaro od altra utilita', o ne accetta la promessa, e' punito con la reclusione da due a cinque anni.".
"Art. 319-bis (Circostanze aggravanti). - La pena e' aumentata se il fatto di cui all'art. 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.".
"Art. 319-ter (Corruzione in atti giudiziari). - Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena e' della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo la pena e' della reclusione da sei a venti anni.".
"Art. 320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio). - Le disposizioni dell'art. 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio;
quelle di cui all'art. 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo.".
"Art. 321 (Pene per il corruttore). - Le pene stabilite nel primo comma dell'art. 318, nell'art. 319, nell'art. 319-bis, nell'art. 319-ter e nell'art. 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilita'."
"Art. 322 (Istigazione alla corruzione). - Chiunque offre o promette denaro od altra utilita' non dovuti, a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualita' di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'art. 318, ridotta di un terzo.
Se l'offerta o la promessa e' fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'art. 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualita' di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilita' da parte di un privato per le finalita' indicate dall'art. 318.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilita' da parte di un privato per le finalita' indicate dall'art. 319.".
"Art. 322-bis (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunita' europee e di Stati esteri). - Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche:
1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;
2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunita' europee;
3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;
4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei trattati che istituiscono le Comunita' europee;
5) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attivita' corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.
Le disposizioni degli articoli 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:
1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;
2) a persone che esercitano funzioni o attivita' corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali.
Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi."


25-bis.
Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (1) (2)


1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie (3):

a) per il delitto di cui all'articolo 453 la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 454, 460 e 461 la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;

c) per il delitto di cui all'articolo 455 le sanzioni pecuniarie stabilite dalla lettera a), in relazione all'articolo 453, e dalla lettera b), in relazione all'articolo 454, ridotte da un terzo alla metà ;

d) per i delitti di cui agli articoli 457 e 464, secondo comma, le sanzioni pecuniarie fino a duecento quote;

e) per il delitto di cui all'articolo 459 le sanzioni pecuniarie previste dalle lettere a), c) e d) ridotte di un terzo;

f) per il delitto di cui all'articolo 464, primo comma, la sanzione pecuniaria fino a trecento quote;

f-bis) per i delitti di cui agli articoli 473 e 474, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote (4).

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui agli articoli 453, 454, 455, 459, 460, 461, 473 e 474 del codice penale, si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno (5).

(1) Articolo aggiunto dal D.L. 25 settembre 2001, n. 350.
(2) Rubrica così sostituita dalla L. 23 luglio 2009, n. 99.
(3) Alinea così modificato dalla L. 23 luglio 2009, n. 99.
(4) Lettera aggiunta dalla L. 23 luglio 2009, n. 99.
(5) Comma così modificato dalla L. 23 luglio 2009, n. 99.


25-bis.1.
Delitti contro l'industria e il commercio (1


1. In relazione alla commissione dei delitti contro l'industria e il commercio previsti dal codice penale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per i delitti di cui agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 513-bis e 514 la sanzione pecuniaria fino a ottocento quote.

2. Nel caso di condanna per i delitti di cui alla lettera b) del comma 1 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 23 luglio 2009, n. 99.


25-ter.
Reati societari (1)


1. In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, se commessi nell'interesse della società, da amministratori, direttori generali o liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, qualora il fatto non si fosse realizzato se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica, si applicano le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per la contravvenzione di false comunicazioni sociali, prevista dall'articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote;

b) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall'articolo 2622, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

c) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall'articolo 2622, terzo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote;

d) per la contravvenzione di falso in prospetto, prevista dall'articolo 2623, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a duecentosessanta quote;

e) per il delitto di falso in prospetto, previsto dall'articolo 2623, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicentosessanta quote;

f) per la contravvenzione di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, prevista dall'articolo 2624, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a duecentosessanta quote;

g) per il delitto di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, previsto dall'articolo 2624, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote;

h) per il delitto di impedito controllo, previsto dall'articolo 2625, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

i) per il delitto di formazione fittizia del capitale, previsto dall'articolo 2632 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

l) per il delitto di indebita restituzione dei conferimenti, previsto dall'articolo 2626 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

m) per la contravvenzione di illegale ripartizione degli utili e delle riserve, prevista dall'articolo 2627 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a duecentosessanta quote;

n) per il delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, previsto dall'articolo 2628 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

o) per il delitto di operazioni in pregiudizio dei creditori, previsto dall'articolo 2629 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

p) per il delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, previsto dall'articolo 2633 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

q) per il delitto di illecita influenza sull'assemblea, previsto dall'articolo 2636 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

r) per il delitto di aggiotaggio, previsto dall'articolo 2637 del codice civile e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d'interessi previsto dall'articolo 2629-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote (2);

s) per i delitti di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, previsti dall'articolo 2638, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote;

3. Se, in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.

(1) Articolo aggiunto dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61. Le sanzioni pecuniarie previste dal presente articolo sono state raddoppiate ai sensi di quanto disposto dall'art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262.
(15) Lettera così modificata dal L. 28 dicembre 2005, n. 262.


25-quater.
Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico (1)


1. In relazione alla commissione dei delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, previsti dal codice penale e dalle leggi speciali, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) se il delitto è punito con la pena della reclusione inferiore a dieci anni, la sanzione pecuniaria da duecento a settecento quote;

b) se il delitto è punito con la pena della reclusione non inferiore a dieci anni o con l'ergastolo, la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3.

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 si applicano altresì in relazione alla commissione di delitti, diversi da quelli indicati nel comma 1, che siano comunque stati posti in essere in violazione di quanto previsto dall'articolo 2 della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo fatta a New York il 9 dicembre 1999.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 14 gennaio 2003, n. 7.


25-quater. 1.
Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (1)


1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 583-bis del codice penale si applicano all'ente, nella cui struttura è commesso il delitto, la sanzione pecuniaria da 300 a 700 quote e le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno. Nel caso in cui si tratti di un ente privato accreditato è altresì revocato l'accreditamento.

2. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 9 gennaio 2006, n. 7.


25-quinquies.
Delitti contro la personalità individuale (1)


1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e 600-quinquies, la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote; (2)

c) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, secondo comma, 600-ter, terzo e quarto comma, e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, la sanzione pecuniaria da duecento a settecento quote. (2)

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettere a) e b), si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 11 agosto 2003, n. 228.
(2) Lettera così modificata dalla L. 11 agosto 2003, n. 228.


25-sexies.
Abusi di mercato


1. In relazione ai reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato previsti dalla parte V, titolo I-bis, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. Se, in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, il prodotto o il profitto conseguito dall'ente è di rilevante entità , la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 18 aprile 2005, n. 62 - Legge comunitaria 2004.


25-septies.
Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (1)


1. In relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione dell'articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 3 agosto 2007, n. 123 e poi così sostituito dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.


25-octies.
Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (1)


1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.

3. In relazione agli illeciti di cui ai commi 1 e 2, il Ministero della giustizia, sentito il parere dell'UIF, formula le osservazioni di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

(1) Articolo aggiunto dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.


25-novies.
Delitti in materia di violazione del diritto d'autore (1)


1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 171, primo comma, lettera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171-ter, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.

2. Nel caso di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 174-quinquies della citata legge n. 633 del 1941.

(1) Articolo aggiunto dalla L. 23 luglio 2009, n. 99.


25-decies.
Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (1)


1. In relazione alla commissione del delitto di cui all'art. 377-bis del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
(1) Articolo aggiunto dalla L. 3 agosto 2009, n. 116, e poi sostituito dal D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.


25-undecies.
Reati ambientali (1)


1. In relazione alla commissione dei reati previsti dal codice penale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per la violazione dell'articolo 727-bis la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

b) per la violazione dell'articolo 733-bis la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.

2. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per i reati di cui all'articolo 137:

1) per la violazione dei commi 3, 5, primo periodo, e 13, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

2) per la violazione dei commi 2, 5, secondo periodo, e 11, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote.

b) per i reati di cui all'articolo 256:

1) per la violazione dei commi 1, lettera a), e 6, primo periodo, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

2) per la violazione dei commi 1, lettera b), 3, primo periodo, e 5, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

3) per la violazione del comma 3, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote;

c) per i reati di cui all'articolo 257:

1) per la violazione del comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

2) per la violazione del comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

d) per la violazione dell'articolo 258, comma 4, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

e) per la violazione dell'articolo 259, comma 1, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

f) per il delitto di cui all'articolo 260, la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, nel caso previsto dal comma 1 e da quattrocento a ottocento quote nel caso previsto dal comma 2;

g) per la violazione dell'articolo 260-bis, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote nel caso previsto dai commi 6, 7, secondo e terzo periodo, e 8, primo periodo, e la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote nel caso previsto dal comma 8, secondo periodo;

h) per la violazione dell'articolo 279, comma 5, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote.

3. In relazione alla commissione dei reati previsti dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per la violazione degli articoli 1, comma 1, 2, commi 1 e 2, e 6, comma 4, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

b) per la violazione dell'articolo 1, comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

c) per i reati del codice penale richiamati dall'articolo 3-bis, comma 1, della medesima legge n. 150 del 1992, rispettivamente:

1) la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo ad un anno di reclusione;

2) la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a due anni di reclusione;

3) la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a tre anni di reclusione;

4) la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione.

4. In relazione alla commissione dei reati previsti dall'articolo 3, comma 6, della legge 28 dicembre 1993, n. 549, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.

5. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per il reato di cui all'articolo 9, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

b) per i reati di cui agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

c) per il reato di cui all'articolo 8, comma 2, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote.

6. Le sanzioni previste dal comma 2, lettera b), sono ridotte della metà nel caso di commissione del reato previsto dall'articolo 256, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

7. Nei casi di condanna per i delitti indicati al comma 2, lettere a), n. 2), b), n. 3), e f), e al comma 5, lettere b) e c), si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per una durata non superiore a sei mesi.

8. Se l'ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e all'articolo 8 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 .
(1) Articolo aggiunto dalla L. 3 agosto 2009, n. 116, e poi sostituito dal D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.


Art. 26.
Delitti tentati


1. Le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte da un terzo alla metà in relazione alla commissione, nelle forme del tentativo, dei delitti indicati nel presente capo del decreto.

2. L'ente non risponde quando volontariamente impedisce il compimento dell'azione o la realizzazione dell'evento.

Capo II
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE E VICENDE MODIFICATIVE DELL'ENTE

SEZIONE I
Responsabilità patrimoniale dell'ente

Art. 27.
Responsabilità patrimoniale dell'ente


1. Dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria risponde soltanto l'ente con il suo patrimonio o con il fondo comune.

2. I crediti dello Stato derivanti degli illeciti amministrativi dell'ente relativi a reati hanno privilegio secondo le disposizioni del codice di procedura penale sui crediti dipendenti da reato. A tale fine, la sanzione pecuniaria si intende equiparata alla pena pecuniaria.

SEZIONE II
Vicende modificative dell'ente

Art. 28.
Trasformazione dell'ente


1. Nel caso di trasformazione dell'ente, resta ferma la responsabilità per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto.

Art. 29.
Fusione dell'ente


1. Nel caso di fusione, anche per incorporazione, l'ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione.

Art. 30.
Scissione dell'ente


1. Nel caso di scissione parziale, resta ferma la responsabilità dell'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, salvo quanto previsto dal comma 3.

2. Gli enti beneficiari della scissione, sia totale che parziale, sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data dalla quale la scissione ha avuto effetto. L'obbligo è limitato al valore effettivo del patrimonio netto trasferito al singolo ente, salvo che si tratti di ente al quale è stato trasferito, anche in parte il ramo di attività nell'ambito del quale e' stato commesso il reato.

3. Le sanzioni interdittive relative ai reati indicati nel comma 2, si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale il reato è stato commesso.

Art. 31.
Determinazione delle sanzioni nel caso di fusione o scissione


1. Se la fusione o la scissione è avvenuta prima della conclusione del giudizio, il giudice, nella commisurazione della sanzione pecuniaria a norma dell'articolo 11, comma 2, tiene conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente originariamente responsabile.

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 17, l'ente risultante dalla fusione e l'ente al quale, nel caso di scissione, e' applicabile la sanzione interdittiva possono chiedere al giudice la sostituzione della medesima con la sanzione pecuniaria, qualora, a seguito della fusione o della scissione, si sia realizzata la condizione prevista dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 17, e ricorrano le ulteriori condizioni di cui alle lettere a) e c) del medesimo articolo.

3. Se accoglie la richiesta, il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, sostituisce la sanzione interdittiva con una sanzione pecuniaria di ammontare pari da una a due volte quello della sanzione pecuniaria inflitta all'ente in relazione al medesimo reato.

4. Resta salva la facoltà dell'ente, anche nei casi di fusione o scissione successiva alla conclusione del giudizio, di chiedere la conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria.

Art. 32.
Rilevanza della fusione o della scissione ai fini della reiterazione


1. Nei casi di responsabilità dell'ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione per reati commessi successivamente alla data dalla quale la fusione o la scissione ha avuto effetto, il giudice può ritenere la reiterazione, a norma dell'articolo 20, anche in rapporto a condanne pronunciate nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell'ente scisso per reati commessi anteriormente a tale data.

2. A tale fine, il giudice tiene conto della natura delle violazioni e dell'attività nell'ambito della quale sono state commesse nonché delle caratteristiche della fusione o della scissione.

3. Rispetto agli enti beneficiari della scissione, la reiterazione può essere ritenuta, a norma dei commi 1 e 2, solo se ad essi è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale è stato commesso il reato per cui e' stata pronunciata condanna nei confronti dell'ente scisso.

Art. 33.
Cessione di azienda


1. Nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'ente cedente e nei limiti del valore dell'azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria.

2. L'obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di conferimento di azienda.

Capo III
PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO E DI APPLICAZIONE DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE

SEZIONE I
Disposizioni generali

Art. 34.
Disposizioni processuali applicabili


1. Per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme di questo capo nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

Nota all'art. 34:
- Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, reca:
"Norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale".


Art. 35.
Estensione della disciplina relativa all'imputato


1. All'ente si applicano le disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili.



SEZIONE II
Soggetti, giurisdizione e competenza

Art. 36.
Attribuzioni del giudice penale


1. La competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell'ente appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono.

2. Per il procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente si osservano le disposizioni sulla composizione del tribunale e le disposizioni processuali collegate relative ai reati dai quali l'illecito amministrativo dipende.

Art. 37.
Casi di improcedibilità


1. Non si procede all'accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente quando l'azione penale non puo' essere iniziata o proseguita nei confronti dell'autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità.

Art. 38.
Riunione e separazione dei procedimenti


1. Il procedimento per l'illecito amministrativo dell'ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito dipende.

2. Si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente soltanto quando:

a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 71 del codice di procedura penale;

b) il procedimento è stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ovvero è stato emesso il decreto penale di condanna;

c) l'osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario.

Nota all'art. 38:
- Si riporta il testo degli articoli 71 e 444 del codice di procedura penale:
"Art. 71 (Sospensione del procedimento per incapacita' dell'imputato). - 1. Se, a seguito degli accertamenti previsti dall'art. 70, risulta che lo stato mentale dell'imputato e' tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone con ordinanza che questo sia sospeso, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice nomina all'imputato un curatore speciale designando di preferenza l'eventuale rappresentante legale.
3. Contro l'ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore nonché il curatore speciale nominato all'imputato.
4. La sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'art. 70, comma 2. A tale assunzione il giudice procede anche a richiesta del curatore speciale, che in ogni caso ha facolta' di assistere agli atti disposti sulla persona dell'imputato, nonche' agli atti cui questi ha facolta' di assistere.
5. Se la sospensione interviene nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste dall'art. 70, comma 3. 6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'art. 75 comma 3.".
"Art. 444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1.
L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria. 2. Se vi e' il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonche' congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi e' stata la richiesta delle parti. Se vi e' costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda;
l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell'art. 75, comma 3.
3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l'efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non puo' essere concessa, rigetta la richiesta.".


Art. 39.
Rappresentanza dell'ente


1. L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.

2. L'ente che intende partecipare al procedimento si costituisce depositando nella cancelleria dell'autorita' giudiziaria procedente una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità:
a) la denominazione dell'ente e le generalita' del suo legale rappresentante;
b) il nome ed il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
c) la sottoscrizione del difensore;
d) la dichiarazione o l'elezione di domicilio.

3. La procura, conferita nelle forme previste dall'articolo 100, comma 1, del codice di procedura penale, e' depositata nella segreteria del pubblico ministero o nella cancelleria del giudice ovvero e' presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di cui al comma 2.

4. Quando non compare il legale rappresentante, l'ente costituito è rappresentato dal difensore.

Nota all'art. 39:
- Si riporta i testo dell'art. 100 del codice di procedura penale:
"Art. 100 (Difensore delle altre parti private). - 1.
La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio col ministero di un difensore, munito di procura speciale conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata dal difensore o da altra persona abilitata.
2. La procura speciale puo' essere anche apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile, del decreto di citazione o della dichiarazione di costituzione o di intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. In tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte e' certificata dal difensore.
3. La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto non e' espressa volonta' diversa.
4. Il difensore puo' compiere e ricevere, nell'interesse della parte rappresentata, tutti gli atti del procedimento che dalla legge non sono a essa espressamente riservati. In ogni caso non puo' compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa se non ne ha ricevuto espressamente il potere.
5. Il domicilio delle parti private indicate nel comm 1 per ogni effetto processuale si intende eletto presso il difensore.".


Art. 40.
Difensore di ufficio


1. L'ente che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio.

Art. 41.
Contumacia dell'ente


1. L'ente che non si costituisce nel processo è dichiarato contumace.

Art. 42.
Vicende modificative dell'ente nel corso del processo


1. Nel caso di trasformazione, di fusione o di scissione dell'ente originariamente responsabile, il procedimento prosegue nei confronti degli enti risultanti da tali vicende modificative o beneficiari della scissione, che partecipano al processo, nello stato in cui lo stesso si trova, depositando la dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2.

Art. 43.
Notificazioni all'ente


1. Per la prima notificazione all'ente si osservano le disposizioni dell'articolo 154, comma 3, del codice di procedura penale.

2. Sono comunque valide le notificazioni eseguite mediante consegna al legale rappresentante, anche se imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.

3. Se l'ente ha dichiarato o eletto domicilio nella dichiarazione di cui all'articolo 39 o in altro atto comunicato all'autorita' giudiziaria, le notificazioni sono eseguite ai sensi dell'articolo 161 del codice di procedura penale.

4. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dai commi precedenti, l'autorita' giudiziaria dispone nuove ricerche.
Qualora le ricerche non diano esito positivo, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sospende il procedimento.

Nota all'art. 43:
- Si riporta il testo degli articoli 154 e 161 del codice di procedura penale:
"Art. 154 (Notificazioni alla persona offesa, alla parte civile, al responsabile civile e al civilmente obbligato per la pena pecuniaria). - 1. Le notificazioni alla persona offesa dal reato sono eseguite a norma dell'art. 157, commi 1, 2, 3, 4 e 8. Se sono ignoti i luoghi ivi indicati, la notificazione e' eseguita mediante deposito dell'atto nella cancelleria. Qualora risulti dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero, la persona offesa e' invitata mediante raccomandata con avviso di ricevimento a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di venti giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa e' insufficiente o risulta inidonea, la notificazione e' eseguita mediante deposito dell'atto nella cancelleria.
2. La notificazione della prima citazione al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e' eseguita con le forme stabilite per la prima notificazione all'imputato non detenuto.
3. Se si tratta di pubbliche amministrazioni, di persone giuridiche o di enti privi di personalita' giuridica, le notificazioni sono eseguite nelle forme stabilite per il processo civile.
4. Le notificazioni alla parte civile, al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria costituiti in giudizio sono eseguite presso i difensori. Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, se non sono costituiti, devono dichiarare o eleggere il proprio domicilio nel luogo in cui si procede con atto ricevuto dalla cancelleria del giudice competente. In mancanza di tale dichiarazione o elezione o se la stessa e' insufficiente o inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria.".
"Art. 161 (Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni). - 1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato non detenuto ne' internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell'art. 157, comma 1, ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualita' di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, e' fatta menzione nel verbale.
2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l'invito a dichiarare o eleggere domicilio e' formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell'autorita' giudiziaria. L'imputato e' avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneita' della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto e' stato notificato.
3. L'imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l'imputato che deve essere dimesso da un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza, all'atto della scarcerazione, o della dimissione ha l'obbligo di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell'istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell'apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all'autorita' che ha disposto la scarcerazione o la dimissione.
4. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l'imputato non e' stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.".


SEZIONE III
P r o v e

Art. 44.
Incompatibilità con l'ufficio di testimone


1. Non può essere assunta come testimone:
a) la persona imputata del reato da cui dipende l'illecito amministrativo;
b) la persona che rappresenta l'ente indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2, e che rivestiva tale funzione anche al momento della commissione del reato.

2. Nel caso di incompatibilità la persona che rappresenta l'ente può essere interrogata ed esaminata nelle forme, con i limiti e con gli effetti previsti per l'interrogatorio e per l'esame della persona imputata in un procedimento connesso.

SEZIONE IV
Misure cautelari

Art. 45.
Applicazione delle misure cautelari


1. Quando sussistono gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell'ente per un illecito amministrativo dipendente da reato e vi sono fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede, il pubblico ministero puo' richiedere l'applicazione quale misura cautelare di una delle sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, presentando al giudice gli elementi su cui la richiesta si fonda, compresi quelli a favore dell'ente e le eventuali deduzioni e memorie difensive gia' depositate.

2. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza, in cui indica anche le modalità applicative della misura. Si osservano le disposizioni dell'articolo 292 del codice di procedura penale.

3. In luogo della misura cautelare interdittiva, il giudice può nominare un commissario giudiziale a norma dell'articolo 15 per un periodo pari alla durata della misura che sarebbe stata applicata.

Nota all'art. 45:
- Si riporta il testo dell'art. 292 del codice di procedura penale:
"Art. 292 (Ordinanza del giudice). - 1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza. 2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio:
a) le generalita' dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;
b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;
c-bis) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonche', in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'art. 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;
d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'art. 274;
e) la data e la sottoscrizione del giudice.
2-bis. L'ordinanza contiene altresi' la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.
2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'art. 358, nonché all'art. 327-bis.
3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.".


Art. 46.
Criteri di scelta delle misure


1. Nel disporre le misure cautelari, il giudice tiene conto della specifica idoneita' di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

2. Ogni misura cautelare deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere applicata all'ente.

3. L'interdizione dall'esercizio dell'attività può essere disposta in via cautelare soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.

4. Le misure cautelari non possono essere applicate congiuntamente.

Art. 47.
Giudice competente e procedimento di applicazione


1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure cautelari nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Nel corso delle indagini provvede il giudice per le indagini preliminari. Si applicano altresi' le disposizioni di cui all'articolo 91 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

2. Se la richiesta di applicazione della misura cautelare e' presentata fuori udienza, il giudice fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso al pubblico ministero, all'ente e ai difensori. L'ente e i difensori sono altresi' avvisati che, presso la cancelleria del giudice, possono esaminare la richiesta dal pubblico ministero e gli elementi sui quali la stessa si fonda.

3. Nell'udienza prevista dal comma 2, si osservano le forme dell'articolo 127, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 10, del codice di procedura penale; i termini previsti ai commi 1 e 2 del medesimo articolo sono ridotti rispettivamente a cinque e a tre giorni. Tra il deposito della richiesta e la data dell'udienza non puo' intercorrere un termine superiore a quindici giorni.

Note all'art. 47:
- Si riporta il testo dell'art. 91 del citato decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271:
"Art. 91 (Giudice competente in ordine alle misure cautelari). - 1. Nel corso degli atti preliminari al dibattimento, i provvedimenti concernenti le misure cautelari sono adottati, secondo la rispettiva competenza, dal pretore, dal tribunale, dalla corte di assise, dalla corte di appello o dalla corte di assise di appello; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell'art. 590 del codice, provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.".
- Si riporta il testo dell'art. 127 del codice di procedura penale:
"Art. 127 (Procedimento in camera di consiglio). - 1.
Quando si deve procedere in camera di consiglio, il giudice o il presidente del collegio fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L'avviso e' comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta.
Se l'imputato e' privo di difensore, l'avviso e' dato a quello di ufficio.
2. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.
3. Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell'avviso nonche' i difensori sono sentiti se compaiono.
Se l'interessato e' detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giomo dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo.
4. L'udienza e' rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice.
5. Le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 sono previste a pena di nullita'.
6. L'udienza si svolge senza la presenza del pubblico.
7. Il giudice provvede con ordinanza comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nel comma 1, che possono proporre ricorso per cassazione.
8. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente con decreto motivato.
9. L'inammissibilita' dell'atto introduttivo del procedimento e' dichiarata dal giudice con ordinanza, anche senza formalita' di procedura, salvo che sia altrimenti stabilito. Si applicano le disposizioni dei commi 7 e 8.
10. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell'art. 140, comma 2.".


Art. 48.
Adempimenti esecutivi


1. L'ordinanza che dispone l'applicazione di una misura cautelare è notificata all'ente a cura del pubblico ministero.

Art. 49.
Sospensione delle misure cautelari


1. Le misure cautelari possono essere sospese se l'ente chiede di poter realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l'esclusione di sanzioni interdittive a norma dell'articolo 17. In tal caso, il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione, dispone la sospensione della misura e indica il termine per la realizzazione delle condotte riparatorie di cui al medesimo articolo 17.

2. La cauzione consiste nel deposito presso la Cassa delle ammende di una somma di denaro che non puo' comunque essere inferiore alla metà della sanzione pecuniaria minima prevista per l'illecito per cui si procede. In luogo del deposito, e' ammessa la prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale.

3. Nel caso di mancata, incompleta o inefficace esecuzione delle attivita' nel termine fissato, la misura cautelare viene ripristinata e la somma depositata o per la quale e' stata data garanzia e' devoluta alla Cassa delle ammende.

4. Se si realizzano le condizioni di cui all'articolo 17 il giudice revoca la misura cautelare e ordina la restituzione della somma depositata o la cancellazione dell'ipoteca; la fideiussione prestata si estingue.

Art. 50.
Revoca e sostituzione delle misure cautelari


1. Le misure cautelari sono revocate anche d'ufficio quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 45 ovvero quando ricorrono le ipotesi previste dall'articolo 17.

2. Quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare piu proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere applicata in via definitiva, il giudice, su richiesta del pubblico ministero o dell'ente, sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalita' meno gravose, anche stabilendo una minore durata.

Art. 51.
Durata massima delle misure cautelari


1. Nel disporre le misure cautelari il giudice ne determina la durata, che non può superare la meta' del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2.

2. Dopo la sentenza di condanna di primo grado, la durata della misura cautelare puo' avere la stessa durata della corrispondente sanzione applicata con la medesima sentenza. In ogni caso, la durata della misura cautelare non puo' superare i due terzi del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2.

3. Il termine di durata delle misure cautelari decorre dalla data della notifica dell'ordinanza.

4. La durata delle misure cautelari è computata nella durata delle sanzioni applicate in via definitiva.

Art. 52.
Impugnazione dei provvedimenti che applicano le misure cautelari


1. Il pubblico ministero e l'ente, per mezzo del suo difensore, possono proporre appello contro tutti i provvedimenti in materia di misure cautelari, indicandone contestualmente i motivi. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 322-bis, commi 1-bis e 2, del codice di procedura penale.

2. Contro il provvedimento emesso a norma del comma 1, il pubblico ministero e l'ente, per mezzo del suo difensore, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 325 del codice di procedura penale.

Nota all'art. 52:
- Si riporta il testo degli articoli 322-bis e 325 del codice di procedura penale:
"Art. 322-bis (Appello). - 1. Fuori dei casi previsti dall'art. 322, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero.
1-bis. Sull'appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento.
2. L'appello non sospende l'esecuzione del provvedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 310.".
"Art. 325 (Ricorso per cassazione). - 1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.
2. Entro il termine previsto dall'art. 324, comma 1, contro il decreto di sequestro emesso dal giudice puo' essere proposto direttamente ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.
3. Si applicano le disposizioni dell'art. 311, commi 3 e 4.
4. Il ricorso non sospende l'esecuzione della ordinanza.".


Art. 53.
Sequestro preventivo


1. Il giudice può disporre il sequestro delle cose di cui e' consentita la confisca a norma dell'articolo 19. Si osservano le disposizioni di cui agli articoli 321, commi 3, 3-bis e 3-ter, 322, 322-bis e 323 del codice di procedura penale, in quanto applicabili.

Note all'art. 53:
- Si riporta il testo degli articoli 321, 322 e 323 del codice di procedura penale:
"Art. 321 (Oggetto del sequestro preventivo). - 1.
Quando vi e' pericolo che la libera disponibilita' di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
2. Il giudice puo' altresi' disporre il sequestro delle cose di cui e' consentita la confisca.
2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui e' consentita la confisca.
3. Il sequestro e' immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell'interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilita' previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che e' notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi e' richiesta di revoca dell'interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonche' gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta e' trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.
3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non e' possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro e' disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell'intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro e' stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l'emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro e' stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria. 3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette l'ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell'ordinanza e' immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.".
"Art. 322 (Riesame del decreto di sequestro preventivo). - 1. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'art. 324.
2. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.".
"Art. 323 (Perdita di efficacia del sequestro preventivo). - 1. Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorche' soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell'art. 240 del codice penale, il provvedimento e' immediatamente esecutivo.
2. Quando esistono piu' esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari.
3. Se e' pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando e' stata disposta la confisca delle cose sequestrate.
4. La restituzione non e' ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'art. 316.".
- Per il testo dell'art. 322-bis del codice di procedura penale vedi note all'art. 52.


Art. 54.
Sequestro conservativo


1. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili dell'ente o delle somme o cose allo stesso dovute. Si osservano le disposizioni di cui agli articoli 316, comma 4, 317, 318, 319 e 320 del codice di procedura penale, in quanto applicabili.

Nota all'art. 54:
- Si riporta il testo degli articoli 316, 317, 318, 319 e 320 del codice di procedura penale:
"Art. 316 (Presupposti ed effetti del provvedimento). -
1. Se vi e' fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell'imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento.
2. Se vi e' fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato, la parte civile puo' chiedere il sequestro conservativo dei beni dell'imputato o del responsabile civile, secondo quanto previsto dal comma 1.
3. Il sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero giova anche alla parte civile.
4. Per effetto del sequestro i crediti indicati nei commi 1 e 2 si considerano privilegiati, rispetto a ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi.".
"Art. 317 (Forma del provvedimento. Competenza). - 1.
Il provvedimento che dispone il sequestro conservativo a richiesta del pubblico ministero o della parte civile e' emesso con ordinanza del giudice che procede.
2. Se e' stata pronunciata sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere, soggetta a impugnazione, il sequestro e' ordinato, prima che gli atti siano trasmessi al giudice dell'impugnazione, dal giudice che ha pronunciato la sentenza e, successivamente, dal giudice che deve decidere sull'impugnazione. Dopo il provvedimento che dispone il giudizio e prima che gli atti siano trasmessi al giudice competente, provvede il giudice per le indagini preliminari.
3. Il sequestro e' eseguito dall'ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile per l'esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili o immobili.
4. Gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non e' piu' soggetta a impugnazione. La cancellazione della trascrizione del sequestro di immobili e' eseguita a cura del pubblico ministero. Se il pubblico ministero non provvede, l'interessato puo' proporre incidente di esecuzione.".
"Art. 318 (Riesame dell'ordinanza di sequestro conservativo). - 1. Contro l'ordinanza di sequestro conservativo chiunque vi abbia interesse puo' proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'art. 324.
2. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.".
"Art. 319 (Offerta di cauzione). - 1. Se l'imputato o il responsabile civile offre cauzione idonea a garantire i crediti indicati nell'art. 316, il giudice dispone con decreto che non si faccia luogo al sequestro conservativo e stabilisce le modalita' con cui la cauzione deve essere prestata.
2. Se l'offerta e' proposta con la richiesta di riesame, il giudice revoca il sequestro conservativo quando ritiene la cauzione proporzionata al valore delle cose sequestrate.
3. Il sequestro e' altresi' revocato dal giudice se l'imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea.".
"Art. 320 (Esecuzione sui beni sequestrati). - 1. Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa irrevocabile la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l'imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno in favore della parte civile. La conversione non estingue il privilegio previsto dall'art. 316, comma 4.
2. Salva l'azione per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancora dovute, l'esecuzione forzata sui bei sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile. Sul prezzo ricavato dalla vendita dei beni sequestrati e sulle somme depositate a titolo di cauzione e non devolute alla cassa delle ammende, sono pagate, nell'ordine, le somme dovute alla parte civile a titolo di risarcimento del danno e di spese processuali, le pene pecuniarie, le spese di procedimento e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.".


SEZIONE V
Indagini preliminari e udienza preliminare

Art. 55.
Annotazione dell'illecito amministrativo


1. Il pubblico ministero che acquisisce la notizia dell'illecito amministrativo dipendente da reato commesso dall'ente annota immediatamente, nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale, gli elementi identificativi dell'ente unitamente, ove possibile, alle generalita' del suo legale rappresentante nonché il reato da cui dipende l'illecito.

2. L'annotazione di cui al comma 1 è comunicata all'ente o al suo difensore che ne faccia richiesta negli stessi limiti in cui è consentita la comunicazione delle iscrizioni della notizia di reato alla persona alla quale il reato e' attribuito.

Nota all'art. 55:
- Si riporta il testo dell'art. 335 del codice di procedura penale:
"Art. 335 (Registro delle notizie di reato). - 1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonche', contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso e' attribuito.
2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l'aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni.
3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste dai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato e' attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta.
3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attivita' di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, puo' disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabili.".


Art. 56.
Termine per l'accertamento dell'illecito amministrativo nelle indagini preliminari


1. Il pubblico ministero procede all'accertamento dell'illecito amministrativo negli stessi termini previsti per le indagini preliminari relative al reato da cui dipende l'illecito stesso. 2. Il termine per l'accertamento dell'illecito amministrativo a carico dell'ente decorre dalla annotazione prevista dall'articolo 55.

Art. 57.
Informazione di garanzia


1. L'informazione di garanzia inviata all'ente deve contenere l'invito a dichiarare ovvero eleggere domicilio per le notificazioni nonché l'avvertimento che per partecipare al procedimento deve depositare la dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2.

Art. 58.
Archiviazione


1. Se non procede alla contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo 59, il pubblico ministero emette decreto motivato di archiviazione degli atti, comunicandolo al procuratore generale presso la corte d'appello. Il procuratore generale puo' svolgere gli accertamenti indispensabili e, qualora ritenga ne ricorrano le condizioni, contesta all'ente le violazioni amministrative conseguenti al reato entro sei mesi dalla comunicazione.

Art. 59.
Contestazione dell'illecito amministrativo


1. Quando non dispone l'archiviazione, il pubblico ministero contesta all'ente l'illecito amministrativo dipendente dal reato. La contestazione dell'illecito e' contenuta in uno degli atti indicati dall'articolo 405, comma 1, del codice di procedura penale.

2. La contestazione contiene gli elementi identificativi dell'ente, l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto che puo' comportare l'applicazione delle sanzioni amministrative, con l'indicazione del reato da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova.

Nota all'art. 59:
- Si riporta il testo dell'art. 405 del codice di procedura penale:
"Art. 405 (Inizio dell'azione penale. Forme e termini).
- 1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI, ovvero con richiesta di rinvio a giudizio.
2. Salvo quanto previsto dall'art. 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale e' attribuito il reato e' iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine e' di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a).
3. Se e' necessaria la querela, l'istanza o la richiesta di procedimento, il termine decorre dal momento in cui queste pervengono al pubblico ministero.
4. Se e' necessaria l'autorizzazione a procedere, il decorso del termine e' sospeso dal momento della richiesta a quello in cui l'autorizzazione perviene al pubblico ministero.".


Art. 60.
Decadenza dalla contestazione


1. Non puo' procedersi alla contestazione di cui all'articolo 59 quando il reato da cui dipende l'illecito amministrativo dell'ente è estinto per prescrizione.

Art. 61.
Provvedimenti emessi nell'udienza preliminare


1. Il giudice dell'udienza preliminare pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi di estinzione o di improcedibilita' della sanzione amministrativa, ovvero quando l'illecito stesso non sussiste o gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere in giudizio la responsabilita' dell'ente. Si applicano le disposizioni dell'articolo 426 del codice di procedura penale.

2. Il decreto che, a seguito dell'udienza preliminare, dispone il giudizio nei confronti dell'ente, contiene, a pena di nullità, la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente dal reato, con l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto che puo' comportare l'applicazione delle sanzioni e l'indicazione del reato da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova nonche' gli elementi identificativi dell'ente.

Nota all'art. 61:
- Si riporta il testo dell'art. 426 del codice di procedura penale:
"Art. 426 (Requisiti della sentenza). - 1. La sentenza contiene:
a) l'intestazione in nome del popolo italiano e l'indicazione dell'autorita' che l'ha pronunciata;
b) le generalita' dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonche' le generalita' delle altre parti private;
c) l'imputazione;
d) l'esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione e' fondata;
e) il dispositivo, con l'indicazione degli articoli di legge applicati;
f) la data e la sottoscrizione del giudice.
2. In caso di impedimento del giudice, la sentenza e' sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.
3. Oltre che nel caso previsto dall'art. 125, comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.".


SEZIONE VI
Procedimenti speciali

Art. 62.
Giudizio abbreviato


1. Per il giudizio abbreviato si osservano le disposizioni del titolo I del libro sesto del codice di procedura penale, in quanto applicabili.

2. Se manca l'udienza preliminare, si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555, comma 2, 557 e 558, comma 8.

3. La riduzione di cui all'articolo 442, comma 2, del codice di procedura penale è operata sulla durata della sanzione interdittiva e sull'ammontare della sanzione pecuniaria.

4. In ogni caso, il giudizio abbreviato non e' ammesso quando per l'illecito amministrativo e' prevista l'applicazione di una sanzione interdittiva in via definitiva.

Note all'art. 62:
- Il titolo I del libro sesto del codice di procedura penale, reca: "Giudizio Abbreviato".
- Si riporta il testo degli articoli 555, 557, 558 e 442 del codice di procedura penale:
"Art. 555 (Udienza di comparizione a seguito della citazione diretta). - 1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, le parti devono, a pena di inammissibilita', depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonche' delle persone indicate nell'art. 210 di cui intendono chiedere l'esame.
2. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l'imputato o il pubblico ministero puo' presentare la richiesta prevista dall'art. 444, comma 1;
l'imputato, inoltre, puo' richiedere il giudizio abbreviato o presentare domande di oblazione.
3. Il giudice, quando il reato e' perseguibile a querela, verifica se il querelante e' disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione.
4. Se deve procedersi al giudizio, le parti, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove;
inoltre, le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonche' della documentazione relativa all'attivita' di investigazione difensiva.
5. Per tutto cio' che non e' espressamente previsto si osservano le disposizioni contenute nel libro settimo, in quanto compatibili.".
"Art. 557 (Procedimento per decreto). - 1. Con l'atto di opposizione l'imputato chiede al giudice di emettere il decreto di citazione a giudizio ovvero chiede il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 o presenta domanda di oblazione.
2. Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non puo' chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, ne' presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna.
3. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto, in quanto applicabili.".
"Art. 558 (Convalida dell'arresto e giudizio direttissimo). 1. Gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l'arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. In tal caso citano anche oralmente la persona offesa e i testimoni e avvisano il difensore di fiducia o, in mancanza quello designato di ufficio a norma dell'art. 97, comma 3.
2. Quando il giudice non tiene udienza, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato gliene danno immediata notizia e presentano l'arresto all'udienza che il giudice fissa entro quarantotto ore dall'arresto.
Non si applica la disposizione prevista dall'art. 386, comma 4.
3. Il giudice al quale viene presentato l'arrestato autorizza l'ufficiale o l'agente di polizia giudiziaria a una relazione orale e quindi sente l'arrestato per la convalida dell'arresto.
4. Se il pubblico ministero ordina che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione a norma dell'art. 386, lo puo' presentare direttamente all'udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Se il giudice non tiene udienza, la fissa a richiesta del pubblico ministero, al piu' presto e comunque entro le successive quarantotto ore.
Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'art. 391, in quanto compatibili.
5. Se l'arresto non e' convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.
6. Se l'arresto e' convalidato a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente al giudizio.
7. L'imputato ha facolta' di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a cinque giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facolta', il dibattimento e' sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine.
8. Subito dopo l'udienza di convalida, l'imputato puo' formulare richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta. In tal caso il giudizio si svolge davanti allo stesso giudice del dibattimento. Si applicano le disposizioni dell'art. 452, comma 2.
9. Il pubblico ministero puo', altresi', procedere al giudizio direttissimo nei casi previsti dall'art. 449, commi 4 e 5.".
"Art. 442 (Decisione). - 1. Terminata la discussione il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti:
1-bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416, comma 2, la documentazione di cui all'art. 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza.
2. In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze e' diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo e' sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, e' sostituita quella dell'ergastolo.
3. La sentenza e' notificata all'imputato che non sia comparso.
4. Si applica la disposizione dell'art. 426, comma 2.


Art. 63.
Applicazione della sanzione su richiesta


1. L'applicazione all'ente della sanzione su richiesta e' ammessa se il giudizio nei confronti dell'imputato e' definito ovvero definibile a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale nonche' in tutti i casi in cui per l'illecito amministrativo e' prevista la sola sanzione pecuniaria. Si osservano le disposizioni di cui al titolo II del libro sesto del codice di procedura penale, in quanto applicabili.

2. Nei casi in cui e' applicabile la sanzione su richiesta, la riduzione di cui all'articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale e' operata sulla durata della sanzione interdittiva e sull'ammontare della sanzione pecuniaria.

3. Il giudice, se ritiene che debba essere applicata una sanzione interdittiva in via definitiva, rigetta la richiesta.

Note all'art. 63:
- Per il testo dell'art. 444 del codice di procedura penale si vedranno le note dell'art. 38.
- Il titolo II del libro sesto del codice di procedura penale, reca: "Applicazione della pena su richiesta delle parti".


Art. 64.
Procedimento per decreto


1. Il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare la sola sanzione pecuniaria, puo' presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data dell'annotazione dell'illecito amministrativo nel registro di cui all'articolo 55 e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto di applicazione della sanzione pecuniaria, indicandone la misura.

2. Il pubblico ministero puo' chiedere l'applicazione di una sanzione pecuniaria diminuita sino alla meta' rispetto al minimo dell'importo applicabile.

3. Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di esclusione della responsabilita' dell'ente, restituisce gli atti al pubblico ministero.

4. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto e dell'articolo 557 del codice di procedura penale, in quanto compatibili.

Note all'art. 64:
- Il titolo V del libro sesto del codice di procedura penale, reca: "Procedimento per decreto". - Per il testo dell'art. 557 del codice di procedura penale, si vedano le note all'art. 62.


SEZIONE VII
Giudizio

Art. 65.
Termine per provvedere alla riparazione delle conseguenze del reato


1. Prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, il giudice può disporre la sospensione del processo se l'ente chiede di provvedere alle attività di cui all'articolo 17 e dimostra di essere stato nell'impossibilita' di effettuarle prima. In tal caso, il giudice, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 49.

Art. 66.
Sentenza di esclusione della responsabilità dell'ente


1. Se l'illecito amministrativo contestato all'ente non sussiste, il giudice lo dichiara con sentenza, indicandone la causa nel dispositivo. Allo stesso modo procede quando manca, e' insufficiente o e' contraddittoria la prova dell'illecito amministrativo.

Art. 67.
Sentenza di non doversi procedere


1. Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere nei casi previsti dall'articolo 60 e quando la sanzione è estinta per prescrizione.

Art. 68.
Provvedimenti sulle misure cautelari


1. Quando pronuncia una delle sentenza di cui agli articoli 66 e 67, il giudice dichiara la cessazione delle misure cautelari eventualmente disposte.

Art. 69.
Sentenza di condanna


1. Se l'ente risulta responsabile dell'illecito amministrativo contestato il giudice applica le sanzioni previste dalla legge e lo condanna al pagamento delle spese processuali.

2. In caso di applicazione delle sanzioni interdittive la sentenza deve sempre indicare l'attivita' o le strutture oggetto della sanzione.

Art. 70.
Sentenza in caso di vicende modificative dell'ente


1. Nel caso di trasformazione, fusione o scissione dell'ente responsabile, il giudice dà atto nel dispositivo che la sentenza e' pronunciata nei confronti degli enti risultanti dalla trasformazione o fusione ovvero beneficiari della scissione, indicando l'ente originariamente responsabile.

2. La sentenza pronunciata nei confronti dell'ente originariamente responsabile ha comunque effetto anche nei confronti degli enti indicati nel comma 1.

SEZIONE VIII
Impugnazioni

Art. 71.
Impugnazioni delle sentenze relative alla responsabilità amministrativa dell'ente


1. Contro la sentenza che applica sanzioni amministrative diverse da quelle interdittive l'ente puo' proporre impugnazione nei casi e nei modi stabiliti per l'imputato del reato dal quale dipende l'illecito amministrativo.

2. Contro la sentenza che applica una o piu' sanzioni interdittive, l'ente puo' sempre proporre appello anche se questo non e' ammesso per l'imputato del reato dal quale dipende l'illecito amministrativo.

3. Contro la sentenza che riguarda l'illecito amministrativo il pubblico ministero puo' proporre le stesse impugnazioni consentite per il reato da cui l'illecito amministrativo dipende.

Art. 72.
Estensione delle impugnazioni


1. Le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente, giovano, rispettivamente, all'ente e all'imputato, purché non fondate su motivi esclusivamente personali.

Art. 73.
Revisione delle sentenze


1. Alle sentenze pronunciate nei confronti dell'ente si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro nono del codice di procedura penale ad eccezione degli articoli 643, 644, 645, 646 e 647.

Note all'art. 73:
- Il titolo IV del libro nono del codice di procedura penale, reca: "Revisione".
- Si riporta il testo degli articoli 643, 644, 645, 646 e 647 del codice di procedura penale:
"Art. 643 (Riparazione dell'errore giudiziario). - 1. Chi e' stato prosciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o colpa grave all'errore giudiziario, ha diritto a una ripartizione commisurata alla durata della eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna.
2. La riparazione si attua mediante pagamento di una somma di denaro ovvero, tenuto conto delle condizioni dell'avente diritto e della natura del danno, mediante la costituzione di una rendita vitalizia. L'avente diritto, su sua domanda, puo' essere accolto in un istituto a spese dello Stato.
3. Il diritto alla ripartizione e' escluso per quella parte della pena detentiva che sia computata nella determinazione della pena da espiare per un reato diverso, a norma dell'art. 657, comma 2.".
"Art. 644 (Ripartizione in caso di morte). - 1. Se il condannato muore, anche prima del procedimento di revisione, il diritto alla riparazione spetta al coniuge, ai discendenti e ascendenti, ai fratelli e sorelle, agli affini entro il primo grado e alle persone legate da vincolo di adozione con quella deceduta.
2. A tali persone, tuttavia, non puo' essere assegnata a titolo di riparazione una somma maggiore di quella che sarebbe stata liquidata al prosciolto. La somma e' ripartita equitativamente in ragione delle conseguenze derivate dall'errore a ciascuna persona.
3. Il diritto alla riparazione non spetta alle persone che si trovino nella situazione di indegnita' prevista nell'art. 463 del codice civile.".
"Art. 645 (Domanda di riparazione). - 1. La domanda di riparazione e' proposta, a pena di inammissibilita', entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione ed e' presentata per iscritto, unitamente ai documenti ritenuti utili, personalmente o per mezzo di procuratore speciale, nella cancelleria della corte di appello che ha pronunciato la sentenza. 2. Le persone indicate nell'art. 644 possono presentare la domanda nello stesso termine, anche per mezzo del curatore indicato nell'art. 638 ovvero giovarsi della domanda gia' proposta da altri. Se la domanda e' presentata soltanto da alcuna delle predette persone, questa deve fornire l'indicazione degli altri aventi diritto.".
"Art. 646 (Procedimento e decisione). - 1. Sulla domanda di riparazione la corte di appello decide in camera di consiglio osservando le forme previste dall'art. 127.
2. La domanda, con il provvedimento che fissa l'udienza, e' comunicata al pubblico ministero ed e' notificata a cura della cancelleria, al Ministro del tesoro presso l'Avvocatura dello Stato che ha sede nel distretto della corte e a tutti gli interessati, compresi gli aventi diritto che non hanno proposto la domanda.
3. L'ordinanza che decide sulla domanda di riparazione e' comunicata al pubblico ministero e notificata a tutti gli interessati, i quali possono ricorrere per cassazione.
4. Gli interessati che, dopo aver ricevuto la notificazione prevista dal comma 2, non formulano le proprie richieste nei termini e nelle forme previsti dall'art. 127, comma 2, decadono dal diritto di presentare la domanda di riparazione successivamente alla chiusura del procedimento stesso.
5. Il giudice, qualora ne ricorrano le condizioni, assegna all'interessato una provvisionale a titolo di alimenti.".
"Art. 647 (Risarcimento del danno e riparazione). - 1. Nel caso previsto dall'art. 630, comma 1, lettera d), lo Stato, se ha corrisposto la riparazione, si surroga, fino alla concorrenza della somma pagata, nel diritto al risarcimento dei danni contro il responsabile.".


SEZIONE IX
Esecuzione

Art. 74.
Giudice dell'esecuzione


1. Competente a conoscere dell'esecuzione delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e' il giudice indicato nell'articolo 665 del codice di procedura penale.

2. Il giudice indicato nel comma 1 è pure competente per i provvedimenti relativi:

a) alla cessazione dell'esecuzione delle sanzioni nei casi previsti dall'articolo 3;

b) alla cessazione dell'esecuzione nei casi di estinzione del reato per amnistia;

c) alla determinazione della sanzione amministrativa applicabile nei casi previsti dall'articolo 21, commi 1 e 2;

d) alla confisca e alla restituzione delle cose sequestrate.

3. Nel procedimento di esecuzione si osservano le disposizioni di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale, in quanto applicabili. Nei casi previsti dal comma 2, lettere b) e d) si osservano le disposizioni di cui all'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

4. Quando è applicata l'interdizione dall'esercizio dell'attivita', il giudice, su richiesta dell'ente, puo' autorizzare il compimento di atti di gestione ordinaria che non comportino la prosecuzione dell'attivita' interdetta. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

Note all'art. 74:
- Si riporta il testo degli articoli 665, 666 e 667 del codice di procedura penale:
"Art. 665 (Giudice competente). - 1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento e' il giudice che lo ha deliberato.
2. Quando e' stato proposto appello se il provvedimento e' stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, e' competente il giudice di primo grado; altrimenti e' competente il giudice di appello.
3. Quando vi e' stato ricorso per cassazione e questo e' stato dichiarato inammissibile o rigettato ovvero quando la corte ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, e' competente il giudice di primo grado, se il ricorso fu proposto contro provvedimento inappellabile ovvero a norma dell'art. 569, e il giudice indicato nel comma 2 negli altri casi. Quando e' stato pronunciato l'annullamento con rinvio, e' competente il giudice di rinvio.
4. Se l'esecuzione concerne piu' provvedimenti emessi da giudici diversi, e' competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
Tuttavia, se i provvedimenti sono stati emessi da giudici ordinari e giudici speciali, e' competente in ogni caso il giudice ordinario.
4-bis. Se l'esecuzione concerne piu' provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, l'esecuzione e' attribuita in ogni caso al collegio.".
"Art. 666 (Procedimento di esecuzione). - 1. Il giudice dell'esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero dell'interessato o del difensore.
2. Se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta gia' rigettata, basata sui medesimi elementi, il giudice e il presidente del collegio, sentito il pubblico ministero, la dichiara inamissibile con decreto motivato, che e' notificato entro cinque giorni all'interessato. Contro il decreto puo' essere proposto ricorso per cassazione.
3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del collegio, designato il difensore di ufficio all'interessato che ne sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L'avviso e' comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta.
Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere depositate memorie in cancelleria.
4. L'udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero. L'interessato che ne fa richiesta e' sentito personalmente; tuttavia, se e' detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, e' sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo, salvo che il giudice ritenga di disporre la traduzione.
5. Il giudice puo' chiedere alle autorita' competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno;
se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio.
6. Il giudice decide con ordinanza. Questa e' comunicata o notificata senza ritardo alle parti e ai difensori, che possono proporre ricorso per cassazione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni sulle impugnazioni e quelle sul procedimento in camera di consiglio davanti alla Corte di cassazione.
7. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente.
8. Se l'interessato e' infermo di mente, l'avviso previsto dal comma 3 e' notificato anche al tutore o al curatore; se l'interessato ne e' privo, il giudice o il presidente del collegio nomina un curatore provvisorio. Al tutore e al curatore competono gli stessi diritti dell'interessato.
9. Il verbale di udienza e' redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell'art. 140, comma 2.".
"Art. 667 (Dubbio sull'identita' fisica della persona detenuta). - 1. Se vi e' ragione di dubitare dell'identita' della persona arrestata per esecuzione di pena o perche' evasa mentre scontava una condanna, il giudice dell'esecuzione la interroga e compie ogni indagine utile alla sua identificazione anche a mezzo della polizia giudiziaria.
2. Quando riconosce che non si tratta della persona nei cui confronti deve compiersi l'esecuzione, ne ordina immediatamente la liberazione. Se l'identita' rimane incerta, ordina la sospensione dell'esecuzione, dispone la liberazione del detenuto e invita il pubblico ministero a procedere a ulteriori indagini.
3. Se appare evidente che vi e' stato un errore di persona e non e' possibile provvedere tempestivamente a norma dei commi 1 e 2, la liberazione puo' essere ordinata in via provvisoria con decreto motivato dal pubblico ministero del luogo dove l'arrestato si trova. Il provvedimento del pubblico ministero ha effetto lino a quando non provvede il giudice competente, al quale gli atti sono immediatamente trasmessi.
4. Il giudice dell'esecuzione provvede in ogni caso senza formalita' con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato. Contro l'ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero. l'interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell'art. 666. L'opposizione e' proposta, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza.
5. Se la persona detenuta deve essere giudicata per altri reati, l'ordinanza è comunicata all'autorita' giudiziaria precedente.".


Art. 75.
Esecuzione delle sanzioni pecuniarie (1)


(...)

(1) L'articolo: "1. Le condanne al pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie sono eseguite nei modi stabiliti per l'esecuzione delle pene pecuniarie.2. Per il pagamento rateale, per la dilazione del pagamento e per la sospensione della riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie si osservano le disposizioni di cui agli articoli 19 e 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall'articolo 7 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46." è stato abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto.

Nota all'art. 75:
- Si riporta il testo degli articoli 19 e 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) come modificato dall'art. 7 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337):
"Art. 19 (Dilazione del pagamento). - 1. L'ufficio, su richiesta del contribuente, puo' concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficolta' dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di sessanta rate mensili ovvero la sospensione della riscossione per un anno e, successivamente, la ripartizione del pagamento fino ad un massimo di quarantotto rate mensili. Se l'importo iscritto a ruolo e' superiore a cinquanta milioni di lire, il riconoscimento di tali benefici e' subordinato alla prestazione di idonea garanzia mediante polizza fidejussoria o fidejussione bancaria.
2. La richiesta, di rateazione deve essere presentata, a pena di decadenza, prima dell'inizio della procedura esecutiva.
3. In caso di mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate:
a) il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione;
b) l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto e' immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione; c) il carico non puo' piu' essere rateizzato.
4. Le rate mensili nelle quali il pagamento e' stato dilazionato ai sensi del comma 1 scadono l'ultimo giorno di ciascun mese.
4-bis. Se, in caso di decadenza del contribuente dal beneficio della dilazione, il fidejussore non versa l'importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l'indicazione delle generalita' del fidejussore stesso, delle somme da esso dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il concessionario puo' procedere ad espropriazione forzata nei suoi confronti sulla base dello stesso ruolo emesso a carico del debitore.".
"Art. 19-bis. (Sospensione della riscossione per situazioni eccezionali.). - 1. Se si verificano situazioni eccezionali, a carattere generale o relative ad un'area significativa del territorio, tali da alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti, la riscossione puo' essere sospesa, per non piu' di dodici mesi, con decreto del Ministero delle finanze.".


Art. 76.
Pubblicazione della sentenza applicativa della condanna


1. La pubblicazione della sentenza di condanna e' eseguita a spese dell'ente nei cui confronti e' stata applicata la sanzione. Si osservano le disposizioè di cui all'articolo 694, commi 2, 3 e 4, del codice di procedura penale.

Nota all'art. 76:
- Si riporta il testo dell'art. 694 del codice di procedura penale:
"Art. 694 (Spese per la pubblicazione di sentenze e obbligo di inserzione). - 1. Il direttore o vice direttore responsabile di un giornale o periodico deve pubblicare, senza diritto ad anticipazione e a rifusione di spese non piu' tardi dei tre giorni successivi a quello in cui ne ha ricevuto ordine dall'autorita' competente per l'esecuzione, la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata contro di lui o contro altri per pubblicazione avvenuta nel suo giornale.
2. Fuori di questo caso, quando l'inserzione di una sentenza penale in un giornale e' ordinata dal giudice, il direttore o vice direttore responsabile del giornale o periodico designato deve eseguirla, a richiesta del pubblico ministero o della persona obbligata o autorizzata a provvedervi, previa anticipazione delle spese per l'importo e nei modi stabiliti dalle disposizioni sulla tariffa penale.
3. La pubblicazione ordinata dal giudice per estratto o per intero puo' essere eseguita anche in foglio di supplemento dello stesso formato, corpo e carattere della parte principale del giornale o periodico, da unirsi a ciascuna copia di questo e in un unico contesto esattamente riprodotto.
4. Se il direttore o il vice direttore responsabile contravviene alle disposizioni precedenti, e' condannato in solido con l'editore e con il proprietario della tipografia al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma fino a lire tre milioni"."


Art. 77.
Esecuzione delle sanzioni interdittive


1. L'estratto della sentenza che ha disposto l'applicazione di una sanzione interdittiva e' notificata all'ente a cura del pubblico ministero.
2. Ai fini della decorrenza del termine di durata delle sanzioni interdittive si ha riguardo alla data della notificazione.

Art. 78.
Conversione delle sanzioni interdittive


1. L'ente che ha posto in essere tardivamente le condotte di cui all'articolo 17, entro venti giorni dalla notifica dell'estratto della sentenza, puo' richiedere la conversione della sanzione amministrativa interdittiva in sanzione pecuniaria.

2. La richiesta e' presentata al giudice dell'esecuzione e deve contenere la documentazione attestante l'avvenuta esecuzione degli adempimenti di cui all'articolo 17.

3. Entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, il giudice fissa l'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori; se la richiesta non appare manifestamente infondata, il giudice puo' sospendere l'esecuzione della sanzione. La sospensione e' disposta con decreto motivato revocabile.

4. Se accoglie la richiesta il giudice, con ordinanza, converte le sanzioni interdittive, determinando l'importo della sanzione pecuniaria in una somma non inferiore a quella gia' applicata in sentenza e non superiore al doppio della stessa. Nel determinare l'importo della somma il giudice tiene conto della gravita' dell'illecito ritenuto in sentenza e delle ragioni che hanno determinato il tardivo adempimento delle condizioni di cui all'articolo 17.

Art. 79.
Nomina del commissario giudiziale e confisca del profitto


1. Quando deve essere eseguita la sentenza che dispone la prosecuzione dell'attivita' dell'ente ai sensi dell'articolo 15, la nomina del commissario giudiziale è richiesta dal pubblico ministero al giudice dell'esecuzione, il quale vi provvede senza formalità.

2. Il commissario riferisce ogni tre mesi al giudice dell'esecuzione e al pubblico ministero sull'andamento della gestione e, terminato l'incarico, trasmette al giudice una relazione sull'attivita' svolta nella quale rende conto della gestione, indicando altresi' l'entità del profitto da sottoporre a confisca e le modalita' con le quali sono stati attuati i modelli organizzativi.

3. Il giudice decide sulla confisca con le forme dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.
4. Le spese relative all'attivita' svolta dal commissario e al suo compenso sono a carico dell'ente.

Nota all'art. 79:
- Per il testo dell'art. 667 del codice di procedura penale, si vedano le note all'art. 74.

Art. 80.
Anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative (1)


(...)

(1) L'articolo: "1. Presso il casellario giudiziale centrale è istituita l'anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative di cui al capo II. 2. Nell'anagrafe sono iscritti, per estratto, le sentenze e i decreti che hanno applicato agli enti sanzioni amministrative dipendenti da reato appena divenuti irrevocabili nonché i provvedimenti emessi dagli organi giurisdizionali dell'esecuzione non piu' soggetti ad impugnazione che riguardano le sanzioni amministrative. 3. Le iscrizioni dell'anagrafe sono eliminate trascorsi cinque anni dal giorno in cui hanno avuto esecuzione se e' stata applicata la sanzione pecuniaria o dieci anni se e' stata applicata una sanzione diversa sempre che nei periodi indicati non è stato commesso un ulteriore illecito amministrativo." è stato abrogato dall'art. 52 delD.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, con la decorrenza indicata nell'art. 55 dello stesso decreto.

Art. 81.
Certificati dell'anagrafe (1)


(...)

(1) L'articolo: "1. Ogni organo avente giurisdizione, ai sensi del presente decreto legislativo, in ordine all'illecito amministrativo dipendente da reato ha diritto di ottenere, per ragioni di giustizia, il certificato di tutte le iscrizioni esistenti nei confronti dell'ente.Uguale diritto appartiene a tutte le pubbliche amministrazioni e agli enti incaricati di pubblici servizi quando il certificato e' necessario per provvedere ad un atto delle loro funzioni, in relazione all'ente cui il certificato stesso si riferisce.2. Il pubblico ministero puo' richiedere, per ragioni di giustizia, il predetto certificato dell'ente sottoposto a procedimento di accertamento della responsabilita' amministrativa dipendente da reato.
3. L'ente al quale le iscrizioni si riferiscono ha diritto di ottenere il relativo certificato senza motivare la domanda.4. Nel certificato di cui al comma 3 non sono riportate le iscrizioni relative alle sentenze di applicazione della sanzione su richiesta e ai decreti di applicazione della sanzione pecuniaria."
è stato abrogato dall'art. 52 del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, con la decorrenza indicata nell'art. 55 dello stesso decreto.

Art. 82.
Questioni concernenti le iscrizioni e i certificati (1)


(...) (1) L'articolo: "1. Sulle questioni relative alle iscrizioni e ai certificati dell'anagrafe è competente il tribunale di Roma, che decide in composizione monocratica osservando le disposizioni di cui all'articolo 78." è stato abrogato dall'art. 52 delD.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, con la decorrenza indicata nell'art. 55 dello stesso decreto.


Capo IV
Disposizioni di attuazione e di coordinamento

Art. 83.
Concorso di sanzioni


1. Nei confronti dell'ente si applicano soltanto le sanzioni interdittive stabilite nel presente decreto legislativo anche quando diverse disposizioni di legge prevedono, in conseguenza della sentenza di condanna per il reato, l'applicazione nei confronti dell'ente di sanzioni amministrative di contenuto identico o analogo.

2. Se, in conseguenza dell'illecito, all'ente e' stata gia' applicata una sanzione amministrativa di contenuto identico o analogo a quella interdittiva prevista dal presente decreto legislativo, la durata della sanzione gia' sofferta è computata ai fini della determinazione della durata della sanzione amministrativa dipendente da reato.

Art. 84.
Comunicazioni alle autorità di controllo o di vigilanza


1. Il provvedimento che applica misure cautelari interdittive e la sentenza irrevocabile di condanna sono comunicati, a cura della cancelleria del giudice che li ha emessi, alle autorita' che esercitano il controllo o la vigilanza sull'ente.

Art. 85.
Disposizioni regolamentari


1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, il Ministro della giustizia adotta le disposizioni regolamentari relative al procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo che concernono:

a) le modalità di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici giudiziari;
(...) (1)
c) le altre attivita' necessarie per l'attuazione del presente decreto legislativo.

2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto dal comma 1 e' reso entro trenta giorni dalla richiesta.

(1) La lettera: "b) i compiti ed il funzionamento dell'Anagrafe nazionale;" è stata abrogata dall'art. 52 del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, con la decorrenza indicata nell'art. 55 dello stesso decreto.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 8 giugno 2001

CIAMPI

Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri Fassino, Ministro della giustizia Letta, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero Mattioli, Ministro per le politiche comunitarie Visco, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica Visto, il Guardasigilli: Fassino

Nota all'art. 85:
- Si riporta il testo dell'art. 17, comma 3, della citata legge 23 agosto 1988, n. 400:
"Art. 17 (Regolamenti). - 1-2. (Omissis).
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione."

231

testo integrale
decreto 231/2001

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